Le 5 traduttrici finaliste al Premio Mario Lattes per la Traduzione 2020: Maria Avino (Khaled Khalifa), Samuela Pagani (Hoda Barakat), Nadia Rocchetti (Emily Nasrallah), Monica Ruocco (Ali Bader), Barbara Teresi (Mohamed Hasan Alwan)

È così accaduto che il giorno stesso in cui ho pubblicato la notizia del Premio dedicato alla narrativa tradotta dall’arabo, il Premio stesso abbia diffuso il comunicato stampa con i nomi delle cinque traduttrici (sì, sono tutte donne) finaliste.

Si tratta di Maria Avino, per la sua traduzione di Morire è un mestiere difficile del siriano Khaled Khalifa (Bompiani 2019); Samuela Pagani, che ha tradotto Corriere di notte, della libanese Hoda Barakat (La nave di Teseo 2019); Nadia Rocchetti, traduttrice di Viaggio contro il tempo della libanese Emily Nasrallah (Jouvence 2018); Monica Ruocco, per la sua traduzione di Il suonatore di nuvole, dello scrittore iracheno Ali Bader (Argo 2017); Barbara Teresi, traduttrice di Una piccola morte, del saudita Mohamed Hasan Alwan (e/o 2019).

Premio Mario Lattes per la Traduzione 2020

Il premio verrà conferito il prossimo 18 luglio al Castello di Perno nelle Langhe, provincia di Cuneo, alle 18:00. La cerimonia è a ingresso libero ma con prenotazione obbligatoria fino a esaurimento posti: per prenotarvi scrivete a book@fondazionebottarilattes.com. Chi non può andare potrà seguirlo in diretta Facebook dalla pagina della Fondazione Bottari Lattes. La premiazione sarà preceduta da una lectio magistralis dell’orientalista Fabrizio Pennacchietti dal titolo L’arabo letterario moderno può dirsi una lingua “europea”? e sarà condotta dalla giornalista Paola Caridi.

Foto finaliste Premio Mario Lattes per la Traduzione

Di seguito le motivazioni della Giuria stabile e specialistica per ogni traduzione:

Morire è un mestiere difficile, di Khaled Khalifa/Maria Avino

Innanzitutto occorre dire che Morire è un mestiere difficile oltre che un bellissimo romanzo è anche un libro di grande importanza e significato che tutti, oggi, nella UE dovrebbero leggere. Non ci si farebbero più oziose domande sul perché tanti migranti siriani premano alle frontiere dell’Europa e tanto meno sul loro statuto (migranti economici, migranti politici, rifugiati, profughi, richiedenti asilo o che altro) e forse si esiterebbe a delegare la loro gestione alla Turchia del “sultano” Erdogan. Ma veniamo alla qualità della traduzione, giudicata dalla sua resa in lingua italiana. Sicuramente il testo tradotto risulta molto scorrevole e non pone ostacoli a chi legge, anzi lo si potrebbe definire un page-turner. Si rivela una precisa attenzione agli aspetti culturali del contesto. Non si ricorre a note né per questi né per i pochi termini arabi utilizzati: tutto viene agilmente sciolto nel testo.

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Corriere di notte, di Hoda Barakat/Samuela Pagani

Nel tradurre Corriere di notte Samuela Pagani usa un linguaggio chiaro e vivace, mai troppo convenzionale né troppo vicino al parlato, che fa entrare senza sforzo il lettore nell’atmosfera peculiare di quest’opera. In ognuna delle lettere che compongono il libro, la personalità di chi la scrive − un personaggio, uomo o donna, esposto alla brutalità e all’incertezza, isolato, indifeso nella propria angoscia − emerge con naturalezza, senza che lo stile della traduttrice si imponga o appiattisca i diversi capitoli in un’unica narrazione. Samuela Pagani usa infatti un linguaggio e un ritmo adeguati alla descrizione di ogni realtà, diversa per ognuno degli autori delle lettere, anche se accomunata dal rimpianto. Evita l’uso di espressioni stereotipate e pur distinguendosi per alcune scelte linguistiche innovative, non perde mai il senso del limite e dell’equilibrio stilistico. Il passaggio dall’arabo all’italiano avviene con naturalezza, senza sforzo apparente, il testo scorre, offrendo una lettura coinvolgente.

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Viaggio contro il tempo, di Emily Nasrallah/Nadia Rocchetti

La struttura narrativa del romanzo Viaggio contro il tempo ̶ 187 brevi capitoli, frasi concise, una sola voce narrante, rari flashback ̶ può aver contribuito alla bella traduzione di Nadia Rocchetti. La lettura scorre piana, equilibrata, con felici rese dei personaggi, pochi impedimenti e rare ambiguità. Quasi assenti le espressioni stereotipate o con connotazioni regionali. Alcune locuzioni paiono forse troppo colte quando vengono pronunciate dal personaggio principale, di semplice cultura contadina. Resta il dubbio sulla scelta dei puntini di sospensione: a volte tre, altre volte solamente due. Il testo risulta avvincente e rende credibile la scelta morale del protagonista che decide di ritornare in Libano, la sua patria, malgrado l’inasprirsi della guerra civile.

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Il suonatore di nuvole, di Ali Bader/Monica Ruocco

Grandi i meriti di questa traduzione: scorrevole, vivace, fresca, con scelte lessicali e registri linguistici plausibili e consoni all’attualità dell’argomento e dell’ambiente; particolarmente felice nel rendere l’ironia sottesa al resoconto di questo tipo di esistenza e che forse allude a una tipologia diffusa di problematicità di relazione con l’Occidente e in particolare con la sfera del femminile.

In merito a Bader, la Giuria sottolinea: «Alla domanda per quale motivo continui a scrivere in arabo anche se da anni vive in occidente, Bader afferma che l’arabo rimarrà per sempre la sua lingua madre. Una lingua sacra che dovrebbe essere esclusa da un uso letterario, eppure, egli fa notare, ci sono, nella sola Baghdad, decine di migliaia di manoscritti antichi, di letteratura erotica in lingua araba! L’Islam non è solo religione. Esiste una letteratura secolare, storica e tradizionale. Bader dimostra di conoscere molto bene l’Italia, la sua storia e la sua cultura, e da sempre si occupa della traduzione di autori italiani in arabo (Boccaccio, Moravia, Calvino…).»

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Una piccola morte, di Mohamed Hasan Alwan/Barbara Teresi

«La traduzione italiana scorre in modo armonioso, conducendoci attraverso la varietà dei registri, delle epoche, dei paesaggi umani e politici. Si rilevano anacronismi, bilanciati comunque dall’eleganza complessiva di una prosa, capace di restituire tonalità linguistiche del passato.»

In merito a questo romanzo, la Giuria ha scritto: «In questo romanzo, il lungo viaggio del manoscritto che ne sarebbe all’origine, dall’Azerbaigian fino a Beirut, fa da contrappunto alla vicenda principale, con brevissimi capitoli di grande abilità narrativa che trascinano con sé tutta la lunga storia dell’oriente islamico. Dal XIII secolo si arriva fino al 2012, a Beirut, dove una studiosa francese acquisisce il manoscritto e, si intuisce, ne trarrà il libro che stiamo leggendo. Convertitasi all’Islam grazie a Ibn ‘Arabi, argomento della sua tesi di dottorato alla Sorbona, essa di fatto con la conversione rinsalda il suo cristianesimo, assimilando il maestro sufi a Gesù, nel segno di una profonda conoscenza dei testi, in una unione di fede in cui lei si trova perfettamente a suo agio. È questo personaggio marginale, su cui il cerchio si chiude, che ci aiuta nel suo calmo sincretismo intellettuale a delineare la cifra del romanzo: l’autore del romanzo, la sua vicenda tra Islam e occidente, la scelta di scrivere su una figura dell’Islam scevra da ogni deriva integralista, da ogni fanatismo, di evocare una fede in Dio nutrita anche di relativismo antidogmatico, si riverberano in questa sua vicenda e dove l’insegnamento di Ibn ‘Arabi ha dato i suoi frutti, dove realtà in conflitto trovano un punto di equilibrio pacato. Questo romanzo si impone proprio per la possibilità di riconciliazione nell’universalità che contiene.»

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