Il romanzo di Shukri al-Mabkhut racconta le lotte della Tunisia

Questa recensione del romanzo “L’italiano” (e/o, 2017, trad. dall’arabo di Barbara Teresi), è stata pubblicata su Internazionale qualche settimana fa.

L’italiano è l’opera prima di Shukri al Mabkhout, noto accademico tunisino al momento direttore della fiera del libro di Tunisi, che con questo libro nel 2015 ha vinto il prestigioso premio internazionale per la narrativa araba (l’International prize for arabic fiction). Il romanzo è ambientato in un momento storico critico per la Tunisia: il passaggio dal regime di Habib Bourghiba, padre della Tunisia moderna, a quello di Ben Ali, suo ex ministro dell’interno, in seguito al colpo di stato “medico” organizzato da quest’ultimo nel 1987.

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L’italiano del titolo si riferisce al soprannome del protagonista, Abdel Nasser, così chiamato per la sua bellezza tipicamente italiana. Nasser proviene da una famiglia della media borghesia di Tunisi: il padre è un notabile del paese, rispettato da tutti, come il fratello maggiore, stimato economista che vive in Svizzera ed è sposato con un’italiana del Canton Ticino. Colto, di bell’aspetto, pieno di passione, Abdel Nasser avrebbe tutte le carte in regola per essere un uomo di successo e invece è la pecora nera della famiglia. Fresco di divorzio dall’amata Zeina, conduce una vita da bohémien e passa le serate tra bar e donne di vario genere.

Al funerale del padre, la scena di apertura del romanzo, mette le mani addosso all’imam venuto a officiare la cerimonia funebre. Un tempo intellettuale stimato, Abdel Nasser, si spiegherà poi nel romanzo, è in realtà un uomo in caduta libera, un’anima bella della Tunisia che ha perso la sua, di anima, soffocata dai miasmi della corruzione e dalla mancanza di libertà. Un paese a cui l’era Ben Ali ha assestato il colpo definitivo.

Gioventù tunisina
Abdel Nasser e la sua tormentata storia con Zeina diventano lo specchio perfetto per raccontare la Tunisia di fine anni ottanta e delle lotte studentesche tra militanti di sinistra e islamisti. Lui, attivista universitario di sinistra, finisce a fare il giornalista in un quotidiano filogovernativo. Lei, pasionaria anarchica e brillante studentessa con il sogno della carriera accademica, viene stroncata da un professore che l’avrebbe voluta più compiacente. Sono la meglio gioventù di quegli anni, figli di una modernità resa monca da promesse tradite e assenza di opportunità.

Con Ben Ali, sembra volerci dire l’autore, la Tunisia piomba in uno stato di apatia morale e sociale: le strade si riempiono di giovani sbandati, le moschee di salafiti, e i salotti intellettuali diventano luoghi asfittici dove uomini e donne appartenenti all’élite culturale del paese si tramutano in predatori sessuali e in prede compiacenti. Neanche l’appassionato amore tra Zeina e Abdel Nasser regge alla disfatta morale del paese e si sbriciola in una manciata di polvere.

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