
Il sogno di qualunque arabista in erba che si rispetti è, da sempre, quello di riuscire ad imparare l’arabo ad un livello tale da poterlo parlare con gli arabofoni senza problemi. Ma l’arabo, per chi lo studia, presenta una difficoltà in più non da poco, rispetto alle altre lingue straniere: la lingua che infatti si apprende nelle università è il cosiddetto fusha, o arabo standard, una variante che semplicemente potrei definire colta, che viene parlata in televisione e scritta sui giornali. Tutt’altra cosa è invece il dialetto, la lingua colloquiale e vernacolare parlata dalle persone nelle strade ed in famiglia. La variante dialettale più conosciuta nei paesi arabi, soprattutto grazie alla diffusione del cinema, è quella egiziana.
Immaginate quindi la mia sorpresa, mista ad ammirazione, quando mi sono imbattuta nel lavoro di un italiano, egiziano di adozione, che aveva scritto un libro in dialetto egiziano: sto parlando di Carmine Cartolano, artista, traduttore (sua è la traduzione di “Essere Abbas al-Abd”, di Ahmad al-‘Aidy, Il Saggiatore, 2009) e insegnante di italiano per gli stranieri, originario del salernitano, ma residente in Egitto, al Cairo, da 12 anni. Uno dei cosiddetti nuovi italiani d’Egitto che, in questo paese che sembra non trovare pace, lavorano, vivono, parlano e scrivono in arabo classico ed in dialetto.
“Masriyyano – Yawmiyyat mosawwer italy” (Masriyyano – diario di un fotografo italiano), pubblicata dalla casa editrice egiziana Dar al-‘Ayn, è il titolo del suo ultimo* lavoro: una raccolta di racconti scritti in dialetto egiziano che è stata presentata per la prima volta quest’anno alla Fiera del Libro del Cairo. Masriyyano, un neologismo nato dalla fusione tra gli aggettivi masry (egiziano) e italiano, è il diario di un italiano d’Egitto che, con l’Egitto ed i suoi abitanti, si confronta da più di 10 anni, con umorismo, passione e intelligenza, senza pregiudizi.
Nell’ intervista che segue, Carmine Cartolano parla del Cairo, dei suoi abitanti e di Masriyyano. Ah sì, anche di dialetto, traduzioni e..cipolle!
editoriaraba: Carmine, tu hai studiato all’Orientale di Napoli e dopo la laurea hai viaggiato un po’ per i paesi arabi. Perchè hai deciso di fermarti in Egitto e di restare a vivere al Cairo? Al di là della retorica del turista occidentale affascinato dalla storia e dalle Piramidi e dell’orientalista che visita i paesi arabi come suo oggetto di studio, che so che non ti appartengono, cos’hanno l’Egitto e la sua capitale che ti hanno colpito più degli altri paesi arabi?
Ciò che mi ha colpito è stata l’umanità che si percepiva nelle strade del Cairo. Sono rimasto stregato dai sorrisi della gente che si mescolavano al sole di novembre e sin dall’inizio, nonostante le difficoltà linguistiche, mi sono sentito subito a casa. L’aria che respiravo aveva (ed ha) qualcosa di familiare e di intimamente forte. Qui la vita riesce a sorprendermi in ogni centimetro di tempo e in ogni secondo di spazio. Tutto è vita. Nel bene e nel male!
ea: Ti senti a tuo agio nell’essere uno dei “nuovi italiani d’Egitto”? Cosa vuol dire vivere in Egitto oggi, soprattutto dal 25 gennaio del 2011?
Non so se sono uno dei nuovi italiani o se sono uno dei nuovi masriyyani. Quello che so è che sono un uomo che vive l’agio e il disagio del suo tempo, a prescindere dalla nazionalità e dalle definizioni. Come uomo, vivo le trasformazioni economiche, politiche e sociali di un Egitto in evoluzione che dal 25 gennaio (da molto prima, in realtà!) ha intrapreso un cammino nuovo. Vivere in Egitto oggi significa sentirsi vivo, vibrante, parte di un processo che cambierà la storia di un Paese e di un popolo.
ea: Parlaci del tuo ultimo libro: Masriyyano – Yawmiyyat mosawwer italy, e di come hai avuto l’idea di dargli questo curiosissimo titolo; da dove nasce l’idea, o forse è un’esigenza? – di scrivere in dialetto egiziano?
L’idea viene da un caro amico, Hashem ‘il Rosso’, che dopo aver letto le storie scritte in italiano sul mio blog mi ha suggerito di scriverle in arabo. Dopo lo scetticismo iniziale, mi sono lanciato in un’avventura, ma senza l’intenzione di scrivere un libro. Il piacere di scrivere, di raccontare e raccontarmi in arabo cresceva sempre di più fino a quando è nato Masriyyano (formato dall’aggettivo ‘masry’ che significa ‘egiziano’ e dall’aggettivo ‘italiano’). Non è stata un’esigenza. Masriyyano è una foto col diaframma aperto al massimo, è un viaggio, dentro e fuori di me, i titoli di coda dei miei ultimi dodici anni di vita vissuti all’ombra delle Piramidi. E il dialetto non è stato una scelta studiata, bensì un’esigenza naturale di esprimere ciò che realmente succede sui sampietrini dei miei giorni.
ea: Quale è stata la prima reazione dell’editore (Al-‘Ayn) quando gli hai sottoposto il progetto?
L’editrice, Fatma Al-Boudy, mi ha accolto nel suo ufficio con molto calore e mi ha fatto accomodare di fronte alla sua scrivania. Dopo i classici “salamelecchi” e il tè, ha sfogliato le prime pagine del manoscritto ed è scoppiata a ridere. Più andava avanti e più rideva. Dopo un po’, ha alzato gli occhi e, guardandomi, mi ha detto: “Lo facciamo!”.
ea: Cos’hai pensato la prima volta che hai avuto il libro stampato fra le mani? Che tipo di rapporto si è instaurato fra te e il libro?
La copertina è favolosa (grazie a Germana Luisi che l’ha ideata) e il colore della carta è quello che preferisco. L’ho guardato e ricordo che ero troppo emozionato per pensare. Ho sorriso. Anzi, ho riso! E poi ho riso ancora.

ea: Il pubblico egiziano come ha accolto il libro di un italiano scritto nel loro dialetto?
Molto bene, direi. C’è stata subito un’accoglienza particolarmente calorosa. Ne hanno parlato e continuano a parlarne sui giornali e in tv. Sarà per via del cammello fucsia in copertina!
ea: Prevedi una traduzione in italiano di Masriyyano? Ti piacerebbe? Sarebbe possibile secondo te, trasmettere lo humour prettamente “egiziano” che tu hai messo nel libro, ad un pubblico italiano?
Ogni volta che qualcuno mi parla della possibilità di traduzione di Masriyyano sorrido dicendo che forse il pubblico italiano che non conosce l’Egitto e gli egiziani non potrebbe capire l’humour e l’atmosfera che caratterizza il libro. Poi però penso ad altri esempi di storie egiziane tradotte in italiano e mi dico: “Perché no?”.
ea: Sei sia un traduttore, sia uno scrittore (oltre che un’artista!): quale delle due cose ti piace fare di più/in quale ti senti di più a tuo agio?
Sono felice quando faccio le cose che al momento amo fare. Non so scegliere e non posso scegliere quale dei due “piaceri” preferisco di più. È come chiedere: “Vuoi più bene alla mamma o al papà?”.
ea: A quale nuovo progetto stai lavorando in questo momento?
Sto lavorando alla traduzione di un romanzo, dall’arabo all’italiano e nel tempo libero sto sviluppando un’idea per una mostra. Sai, sono le idee a scegliere noi e noi, umilmente, dobbiamo cercare di trasformarle in progetti. Chissà! Magari nei prossimi giorni mi viene un’idea nuova e tutto cambierà.
ea: Top 5 dei libri di scrittori arabi che consigli di leggere ai giovani arabisti/traduttori :)
Al di là di Naguib Mahfouz, che secondo me deve essere assolutamente letto, solitamente non do consigli. Ognuno cerca e sceglie i top 5 che preferisce. Cerco di non usare né definizioni né classifiche. E neanche la cipolla a pranzo!
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*Sempre quest’anno, è invece uscito in Italia “Horreyya! La rivoluzione delle donne egiziane. Se non ora, quando?”, (Editori Internazionali Riuniti), scritto incollaborazione con la giornalista Valeria Brigida.
[…] La traduzione dall’arabo del romanzo è stata curata da Carmine Cartolano, autore di Masriyyano, di cui avevo parlato qualche settimana fa! […]
[…] il quale ha parlato della sua esperienza di scrittore, traduttore e artista nell'articolo "Un masriyyano d'eccezione […]
[…] che mi ha mandato Carmine Cartolano, l’autore di Masriyyano di cui già sapete tutto perchè lo avevo intervistato qui qualche mese fa (e se non avete letto l’intervista, bè, è il momen…! Per chi non è mai stato alla Fiera, credo sia una bella finestra di immagini, colori e […]