I passaggi nella Siria in frantumi di Samar Yazbek

Quella che segue  è la recensione del libro “Passaggi in Siria”, di Samar Yazbek, appena uscito per Sellerio e tradotto dall’inglese da Andrea Grechi.

Avete mai pensato a cosa fareste se la vostra casa venisse bombardata e la vostra città occupata dall’esercito del vostro Paese? Avete mai pensato a come reagireste se la stanza di vostro figlio venisse distrutta da un barile bomba e i vostri cari maciullati da bombe a grappolo? Riuscite ad immaginare l’orrore di vivere continuamente scappando, di rifugio in rifugio, ogni volta perdendo un amico, un famigliare, un pezzo di cuore, di vita, di futuro? Sapreste abituarvi ad una vita da esule in casa vostra, senza cibo, vestiti puliti, acqua potabile? Sapreste andare alla ricerca di un pezzo di pane camminando per le vie devastate della vostra città, trasformata in una città fantasma, derelitta, puntellata di bombe, abitata da uomini che sono diventati l’ombra di loro stessi, bambini mutilati, corpi senza vita dalle membra talmente ridotte in brandelli da risultare irriconoscibili?

Ecco, riuscite ad immaginare tutto questo? Adesso pensate che sta accadendo a qualcun altro. Sta accadendo ai siriani, da sei anni. E non è un finzione, non è un film, è la realtà delle cose.

Che racconta in un libro – diario, straziante e commovente, Samar Yazbek, attivista e scrittrice siriana che, dopo essere stata testimone dei primi mesi di rivoluzione pacifica in Siria (raccontati nel precedente libro Taqatu Niran/Fuoco incrociato), nel 2011 è costretta a fuggire in Francia con la figlia, per timore della propria vita.

Ma quella di Parigi non è vita, è esilio, e Samar dopo qualche tempo decide di tornare nel proprio Paese. Ci torna più volte, tra il 2012 e 2013, attraversando illegalmente il confine con la Turchia (i Passaggi in Siria del titolo), per documentare il livello di devastazione e bestialità che la Siria ha raggiunto.

22154420_10214786250918143_5295706010717834861_n

Due sono le città presso cui si reca: Saraqeb e Kafranbel, città simbolo del nord della Siria, liberate dai ribelli e per questo prese di mira dal regime di Assad. Le fanno da scorta alcuni attivisti e combattenti che avevano preso parte alle prime rivolte. Uomini che prima del 2011 nella maggior parte dei casi non avevamo mai imbracciato un fucile, ma che erano stati costretti a farlo per difendere la propria vita e quella della propria famiglia. Sono loro, e le loro storie, i veri protagonisti di questo libro.

Tramite la loro voce Yazbek ci racconta di come una rivolta cominciata pacificamente con l’obiettivo di chiedere più diritti e libertà all’interno di un paese già fortemente liberticida, si era rapidamente trasformata in una lotta per la sopravvivenza. Il regime di Bashar al-Assad aveva subito deciso di sopprimere le manifestazioni dei siriani con la forza e la violenza. I villaggi e le città che si erano rivoltati erano stati messi a ferro e fuoco dall’esercito di terra, i manifestanti erano stati imprigionati e uccisi e quando i civili avevano deciso di prendere le armi e di liberare le proprie città, il regime aveva cominciato la guerra dal cielo, bombardando case, persone, ospedali.

“I bombardamenti su Saraqeb proseguivano incessanti. Dal punto di vista militare era una città strategica per il regime, che quindi puntava a mantenerla nel caos. A causa dei frequenti black-out, gli abitanti erano costretti a seppellire le vittime all’alba, altrimenti i corpi si sarebbero decomposti. In origine, il Cimitero dei Martiri era stato un giardino; e sarebbe tornato ad esserlo, dato che accanto a ogni tomba veniva messa una piantina di rose”.

E in questi viaggi è anche testimone dello stravolgimento radicale che subisce la rivoluzione, che da pacifica diventa lotta armata e poi viene occupata da brigate e milizie jihadiste, sempre più estremiste e sempre meno siriane.

Yazbek rischia la vita più volte, le cadono addosso le bombe, scampa alla morte per miracolo. Vede bambini orrendamente mutilati, amici che muoiono, colleghi giornalisti che vengono rapiti e il suo paese che scivola sempre più nella barbarie, nell’indifferenza di tutti. Quel paese dove “batte il cuore del mondo, culla di civiltà millenarie che vengono seppellite da morte e violenza senza senso.

La violenza di quello che vede è talmente forte che la scrittrice si sente spaccata in due, ha il cuore in frantumi.

“Mi resi conto che vivevo sospesa tra due mondi: quello in cui tornavo e quello verso cui partivo. Tenevo conferenze in tanti paese, tentando di spiegare la realtà di quanto stava accadendo in Siria e cercando di comprendere in che modo la gente ci vedesse. E ogni volta mi ritrovavo immersa in una profonda sensazione di vuoto, dalla quale nulla poteva riscattarmi se non la prospettiva di ripartire per la Siria. Quindi ritornavo a vivere qui, in mezzo ai rivoluzionari e alla gente comune, e ogni volta ero attanagliata dalla rabbia e dallo sconforto per la grande ingiustizia che aveva colpito il nostro popolo e la nostra causa”.

Eppure, in mezzo a questo caos, l’umanità resiste. È quella delle donne che continuano a prendersi cura di loro stesse e dei propri figli, che imbandiscono banchetti sontuosi per la loro ospite nonostante la penuria di cibo. Di quelle donne che dopo aver perso tutto, ricominciano da capo avviando laboratori artigianali per sostenersi. Di bambini che giocano tra le bombe, di fidanzati che si amano tenacemente, di famiglie che hanno perso tutto ma non la dignità di vivere. Di uomini e donne coraggiosissimi che non vogliono lasciare la loro terra perché sanno che, quando tutto sarà finito, ci sarà bisogno di loro per ricominciare.


(Vorrei ringraziare il traduttore, Andrea Grechi, che nel tradurre il libro di Yazbek dall’inglese in italiano ha fatto un ottimo lavoro)

Un commento

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.