Disegni, lingue e musica tra Europa e Levante arabo: “Il piano orientale” di Zeina Abirached

Dopo due anni dalla sua pubblicazione, ho trovato finalmente un momento per leggere Il piano orientale, il graphic novel di Zeina Abirached pubblicato da BAO Publishing (trad. dal francese di Roberto Lana).

Zeina Abirached è una famosa e talentuosa illustratrice libanese che vive in Francia, che era già stata tradotta in italiano in precedenza da Il becco giallo. Il suo lavoro più famoso è Mi ricordo Beirut, in cui ripercorre con la memoria i momenti drammatici della guerra civile libanese, durante la quale l’autrice era ancora bambina (essendo nata nel 1981, mentre la guerra si concluse nel 1989 dopo quindici anni di feroci combattimenti che diedero a Beirut un allure sinistro che ancora in parte conserva).

Come gli altri suoi lavori, anche Il piano orientale è tutto in bianco e nero, le tonalità che la contraddistinguono e che danno un’aria vintage e sofisticata ai suoi disegni. Disegni che trovano un rifugio sicuro nella splendida pubblicazione di BAO Publishing, che ha fatto di questo fumetto una piccola opera d’arte da custodire con cura e grazia.

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Ne Il piano orientale l’autrice racconta – romanzandola un po’ – la storia di Abdallah Kamanjah (al secolo Abdallah Chahine, nonno dell’autrice), che negli anni ’50 divenne famoso a Beirut perché riuscì a costruire un pianoforte che suonava il quarto di tono, usato moltissimo nelle melodie levantine. Come ci spiega l’autrice, nel pianoforte classico la distanza minima tra due note è il semitono. Il quarto di tono è un intervallo musicale minore del semitono ed è particolarmente usato nelle musiche “orientali” (è il termine che usa Abirached), che chi bazzica un po’ di musica araba riconoscerà nelle melodie lievemente ipnotiche, quelle che appena le senti dici: ah, qui siamo in territorio d’Oriente (ok, ho estremamente banalizzato la questione, ma era per dare un’idea).

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Piazza dei Martiti a Beirut, anni ’50 circa

La notizia dell’invenzione di Abdallah Kamanjah da Beirut arrivò fino a Vienna, patria della musica classica di cui Abdallah era un grande estimatore (nella casa beirutina che dava sul mare, Abdallah aveva un usignolo a cui aveva dato il nome di Ludwig, il cui pigolare nel fumetto dà il ritmo alla narrazione – chip. chip. chip). I produttori viennesi incontrati da Abdallah si impegnarono a produrre il pianoforte microtonale a patto che il suo inventore riuscisse a procurarsi almeno 100 ordini. Lascio a chi vorrà leggere il fumetto conoscere che fine farà questo pianoforte.

A fare da controcanto (è proprio il caso di dirlo) alla storia di Abdallah, Zeina Abirached inserisce quella di Zanzoun, la sua alter ego: una giovane donna nata in Libano che nel 2004 si trasferisce in Francia e che da allora vivrà a cavallo tra due culture, due paesi e – soprattutto – due lingue. E cosa è la lingua se non una melodia, una musica? Se il pianoforte di Abdallah Kamanjah è un pianoforte che suona tra Europa e Levante utilizzando gli stessi tasti, le lingue di Zanzoun (l’arabo e il francese) si mescolano nel suo personale universo di segni e suoni compenetrandosi a vicenda.

anni 70
Beirut, anni ’70

Come Abdallah era riuscito nell’impresa di far suonare ad uno strumento europeo la musica del Levante arabo, così Zanzoun riesce a convivere con arabo e francese, Francia e Libano, cultura francese e araba, senza che i due universi di senso entrino in conflitto.

Con questa fiaba dolce e nostalgica (dove compare la Beirut della prima metà del ‘900, con il cinema Rivoli, Umm Kulthum, le palme, i fez, la ferrovia che collegava tutto il Levante arabo), Zeina Abirached ci rammenta che è possibile convivere tra più mondi e che l’incontro tra le diversità  – se mai ci fosse ancora bisogno di reiterarlo – crea ricchezza e bellezza ad ogni latitudine.

 

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