Il teatro di Kabareh Cheikhats sovverte i generi in Marocco

di Rabii El Gamrani*

Dal 2016 Kabareh Cheikhats presentano i loro spettacoli in tutto il Marocco e all’estero: questa troupe ibrida porta avanti uno straordinario progetto artistico che si richiama alla tradizione delle Cheikhat e all’arte dell’Aita mescolando teatro, canzone, danza e commedia, in un’atmosfera che ricorda lo spettacolo burlesque e il cabaret.

Ma Kabareh Cheikhats rappresenta un caso particolare nel panorama artistico contemporaneo e underground del Marocco ed è strettamente legato a quel fermento artistico, sociale e politico che il mondo arabo ha conosciuto durante i motti rivoluzionari del 2011. Ghassan, il fondatore della troupe, ha incontrato quasi tutti i membri della compagnia all’Uzine, uno dei centri culturali più attivi e alternativi di Casablanca che ha favorito la nascita di diverse compagnie di teatro¹, di danza contemporanea o di canto che continuano ad animare la scena culturale ed artistica nazionale e internazionale.

Dopo il mio ritorno in Marocco, mi sono trovato naturalmente a frequentare l’Uzine ed è lì che ho incontrato alcuni membri di Kabareh Cheikhats e ho avuto la possibilità di frequentare la troupe sia dietro le quinte che assistendo ai loro spettacoli. L’ultimo spettacolo portato in scena da Kabareh Cheikhats a cui ho avuto la possibilità di assistere è stato l’8 settembre al teatro Bahnini di Rabat

Foto di Rabii El Gamrani

A questo punto vi starete domandando cosa sono le Cheikhat e cos’è l’Aita? La risposta a queste domande costituisce la prova stessa che il progetto artistico di Kabareh Cheikhats é a tratti rivoluzionario. Cheikhats è il plurale di Cheikha (donna venerabile di un certo rango sociale o signora di veneranda età) ed è il nome con cui si indicano quelle artiste di genere femminile che hanno scelto il mestiere di danzatrici popolari. Si tratta di una vera e propria carriera e in moltissimi casi di una profonda vocazione. Aita in arabo marocchino significa grido, richiamo, invocazione ed è un genere musicale tradizionale diffuso in larghe zone del Marocco da nord a sud. Si basa sulla presenza di un gruppo orchestrale di sesso maschile che suona e la ha funzione di coro e di artiste, le cheikhat, donne che cantano e  danzano.

Di tutti i generi musicali tradizionali del Marocco in cui la componente femminile é presente (ahidous, tarab al andalussi…) l’Aita é quello più audace e sovversivo sia a livello delle poesie messe in musica che delle danze, fortemente espressive e sensuali, che raccontano scene d’amore, di tradimento, di possessione, eseguite dalle artiste.

L’Aita ha radice antiche ma è emersa come patrimonio condiviso tra i marocchini fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, quando le Cheikhat furono le portavoce spontanee –  attraverso i loro spettacoli e le loro esibizioni – di un preciso periodo storico del Marocco, che si trovava fra il martello dei soprusi della colonizzazione francese e l’incudine dei Caid spesso alleati dei colonizzatori, che amministravano con mano di ferro le zone rurali del paese. É in questo contesto che sono nate molte canzoni come Kharboucha, Al Alwa, Al Hasba diventate un inno della denuncia sociale e politica e un simbolo della forza e delle battaglie femminili.  L’Aita difatti, nonostante l’importanza della componente maschile, rimane un’arte fondamentalmente femminile in cui la danza non corrisponde affatto a una mera esigenza   ornamentale o provocatoria, bensì costituisce la linfa stessa di quest’arte. La danza è un linguaggio in codice che serve a raccontare la realtà cruda, la condizione femminile, le tragedie dell’esistenza, l’amore e il tradimento. 

Paradossalmente e pur presentando delle carte di nobiltà acquisite grazie all’impegno civile e politico – sotto una forma artistica – di molti uomini e moltissime donne² durante il periodo coloniale e oltre, un velo di marginalizzazione e di pregiudizio sociale si è steso per moltissimo tempo su quest’arte.  Questa marginalizzazione non è dovuta affatto al carattere audace e osé dello spettacolo offerto da Cheikhat, ma è la conseguenza di una vera campagna propagandistica di denigrazione e di odio orchestrata dal colonizzatore. Quest’ultimo, avendo intuito il potenziale rivoluzionario di queste artiste che in contesti rurali e conservatori riuscivano a diventare dei personaggi rispettati e rispettabili presso le loro comunità oppresse, ha cercato di cucirle addosso l’etichetta della depravazione, della prostituzione e del libertinaggio. Un pregiudizio che è sopravvissuto al periodo coloniale e che ha rischiato di condannare alla sparizione un patrimonio artistico prezioso, che oggi esiste grazie alla tenacia e la passione di molte artiste che hanno trovato nei cabaret e nei bar il palcoscenico ideale per continuare a praticare la loro arte.  

Foto di Rabii El Gamrani

La particolarità di Kabareh Cheikhats non sta solo nel suo tentativo, ben riuscito d’altronde, di ridare valore ad un’arte che è stata fin troppo a lungo trattata con disprezzo dal pubblico giovane e a resuscitare un patrimonio straordinario presentandolo in una cornice contemporanea e alternativa, ma anche nel fatto di sovvertire le categorie di genere. Le Cheikhat di Kabareh Cheikhats non sono donne, ma sono uomini, artisti, che si travestono da donne.  In questo momento che si fa un gran parlare di libertà individuali, di identità di genere, di LGBTQ+, Kabareh Cheikhats attraverso i diversi spettacoli che porta in scena, nella spontaneità di chi milita prima di tutto per l’arte e la sua democratizzazione, compie un atto sovversivo.  Gli artisti di Kabareh Cheikhats salendo sul palcoscenico travestiti da donne, truccate e acconciate, senza occultare i segni evidenti della loro mascolinità, come i baffi o le barbe, non sentono il peso delle polemiche né durante le loro esibizione né fuori dal teatro.

Parlando con Jaouhar Bourhram, danzatore contemporaneo di formazione che nello show interpreta il personaggio di Cheikha Samta (la Silenziosa), emerge chiaramente che i membri della troupe sono consapevoli del loro ruolo di artisti portatori di una serie di valori, come i diritti delle donne, la tolleranza e l’impegno civile. Battaglie che non esitano a veicolari nei loro vari spettacoli. Il personaggio interpretato da Jaouhar Bourhram mette in scena una cheikha costretta sì al silenzio, ma non alla rassegnazione o l’inespressività. Jouhair Bourhram, senza mai usare la voce, solo con il corpo a ritmo di danze, di movimenti, di ritmo e di trance riesce a far dire alla Silenziosa tante di quelle verità sulla condizione umane che lo spettatore rimane affascinato delle potenzialità espressive del nostro corpo. 

Lo spettacolo che è andato in scena l’8 settembre scorso è stato un viaggio nel tempo e nello spazio lungo le rive dell’Aita. Dalle alture di Tangeri alle pianure di Marrakesh, dalla Taktouka Jabalia alle campagne di  Khouribga,  Kabareh Cheikhat ci ha portato a percorrere tutte le variazioni di quest’arte, e a viaggiare attraverso il Marocco con gli occhi  delle  Cheikhats. La difficoltà per un artista uomo di interpretare – senza cadere nel grottesco o nel patetico – un personaggio di genere femminile e ancor di più una danzatrice, è stata brillantemente superata da Kabareh Cheikhats, perché gli artisti non imitano, non cercano di fare finta bensì si calano completamente nel ruolo a tal punto che per lo spettatore il sesso degli attori diventa marginale, e ciò che ritiene l’attenzione e suscita l’ammirazione è lo spettacolo messo in scena nel suo insieme.

Nei prossimi giorni inizierà una tour europeo per Kabareh Cheikhats, che porterà la compagnia in Francia e in Belgio per presentare il loro spettacolo nei vari festival e teatri dei due paesi.     


  1. Il Théatre de l’Opprimé Casablanca, o quando l’arte sfida i tabù, Rabii El Gamrani, “Arabpop, rivista di arti e letteratura araba”, Vol. 1 Metamorfosi/2021, Tamu Edizioni.
  2. Fra le artiste donne che hanno scritto il loro nome nella storia come cheikha (danzatrice popolare) e partigiane occorre citare i nomi di due maestre dell’Aita, Fatma Benlhouceine e Kharboucha.   

*Rabii El Gamrani è un autore e blogger marocchino di lingua italiana. In Italia ha collaborato con vari quotidiani, riviste, radio e televisioni. Attualmente collabora con Al Araby TV come esperto in diplomazia culturale e rapporti internazionali. Vive e lavora fra le due sponde del Mediterraneo.

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