Sinan Antoon vince la quinta edizione del Prix de la littérature arabe

Lo scorso 26 settembre, lo scrittore iracheno-americano Sinan Antoon ha vinto il Prix de la littérature arabe 2017 con il suo romanzo Seul le grenadier (Solo il melograno), tradotto dall’arabo in francese da Leyla Mansour e pubblicato in Francia da Sindbad/Actes Sud.

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La menzione speciale del Premio è andata invece all’autrice marocchina Yasmine Chami per il suo romanzo Mourir est un enchantement (Actes Sud) e al romanziere siriano Khaled Khalifa per il suo Pas de couteaux dans les cuisines de cette ville (Sindbad/Actes Sud; questo romanzo verrà pubblicato anche in italiano da Bompiani nel marzo 2018, trad. di Maria Avino).

Il Prix de la littérature arabe è il premio letterario francese annuale che promuove la letteratura araba in arabo e/o in francese. Organizzato dall’Institut du Monde Arabe di Parigi e dalla Fondation Lagardère, è arrivato alla sua 5° edizione e negli anni ha già premiato la scrittrice irachena Inaam Kachachi, il saudita Mohammed Hasan Alwan, l’egiziano Mohammed al-Fakharany e il libanese Jabbour Douaihy.

Sinan Antoon è nato a Baghdad nel 1967 da madre americana e padre iracheno; vive e insegna negli Stati Uniti. È poeta, traduttore e romanziere, tra i più importanti dell’attuale generazione di autori iracheni.

Nel 2012 ha vinto il premio dell’American Literary Translators Association per la sua traduzione dall’arabo in inglese della raccolta poetica In the Presence of Absence, del poeta palestinese Mahmud Darwish. Con Seul le grenadier ha vinto nel 2014 il Saif Ghobash Banipal Prize for Arabic Literary Translation. È lo stesso autore che ha tradotto il suo romanzo in inglese, pubblicato con il titolo The Corpse Washer da Yale University Press.

In italiano di Antoon è apparso solo Rapsodia irachena, tradotto da Ramona Ciucani e pubblicato da Feltrinelli nel 2010.

Seul le grenadier (Wahadha Shajarat al-Rumman, questo il titolo del romanzo in arabo, pubblicato nel 2013 dall’editore libanese al-Muwassasa al-Arabiya lil-Dirasat wal-Nashr), è ambientato in Iraq tra la guerra con l’Iran degli anni ’80 e l’invasione americana del 2003. Protagonista è il giovane Jawad, erede di una famiglia sciita di tanatoprattori di Baghdad, che ha il sogno di diventare scultore. Solo che con la guerra tra Iran e Iraq (che durò 8 anni), la guerra del Golfo e l’invasione americana del 2003, i morti in Iraq aumentano. Aumentano a tal punto che Jawad è costretto ad abbandonare i suoi sogni e ad adeguarsi alla realtà di un Paese dove la Morte ha preso il sopravvento e la Vita, i Sogni e l’Amore devono cedere necessariamente il passo. Quello che non muore, in questo romanzo che è stato definito dalla stampa internazionale come un “capolavoro”, è la capacità di resilienza dell’essere umano.

“If death is a postman, then I receive his letters every day. I am the one who opens carefully the bloodied and torn envelopes. I am the one who washes them, who removes the stamps of death and dries and perfumes them, mumbling what I don’t really believe in. Then I wrap them carefully in white so they may reach their final reader – the grave.”

(“Se la morte è un postino, allora io sono colui che riceve ogni giorno le sue lettere. Sono io quello che con cura apre le buste insanguinate e lacere. Sono quello che le lava, che rimuove i francobolli della morte, che le asciuga e le cosparge di profumo, mentre mormoro parole in cui non credo. Poi le avvolgo di bianco con cura, così che possano raggiungere il loro destinatario finale, la tomba”).

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