Se a vincere il Nobel per la Letteratura è un autore di origini tanzaniane

E così è finalmente successo che un autore non americano, non europeo e non giapponese (scusate, fan di Murakami) abbia vinto il Premio Nobel per la Letteratura: è Abdulrazak Gurnah, originario di Zanzibar, Tanzania. Non succedeva da 20 anni. Le chance erano talmente inconsistenti che nella chat che ho con le amiche della Libreria Griot, una di loro aveva scritto: Siete pronte per un nuovo premio Nobel bianchissimo e noiosissimo? E se africaniste e arabiste erano di questo avviso, figuriamoci gli altri.

Tale è stato lo shock, che anche giornalisti italiani bravissimi se ne sono usciti in questo modo che mi ha lasciata abbastanza perplessa (scusami Roberto Vicaretti, ti stimo tanto e ti seguo quasi ogni mattina quando fai la rassegna stampa).

Sono in molti ad aver espresso commenti di questo genere, che per me sono indice di un certo snobismo e provincialismo tutto italiano (non posso parlare per gli altri paesi), che considera degna di nota, e importante da leggere e premiare solo quella letteratura che proviene dagli Stati Uniti e dal resto d’Europa, al limite dal Giappone.

Condivido invece molto questo altro commento

La faccenda però qui davvero interessante è che Gurnah, che scrive in inglese e vive nel Regno Unito dagli anni ’60, era stato pubblicato da Garzanti, ma i suoi tre libri tradotti sono fuori catalogo, penso da anni. Immagino si contino sulle dita di una mano le persone che possono dire di averlo letto o che possiedono un suo testo. E infatti, molte di queste ieri si sono affrettate a postare sui social i loro orgogliosi distinguo, giustamente. Lo avrei fatto anche io. Alcuni erano stati consigliati da amici e librai accorti, altri lo avevano trovato nelle bancarelle dell’usato e si erano incuriositi.

La cosa che mi rattrista è il pensiero che se quest’anno ha vinto un autore di origini tanzaniane, dovranno forse passare altri vent’anni prima di leggere un altro africano. O magari, nei prossimi cinque anni a vincere potrebbe essere un autore arabo, o di origini arabe, visto che l’unico autore di lingua araba ad aver mai vinto il Nobel è stato l’egiziano Naguib Mahfuz nel 1988.

La speranza è che gli editori italiani siano più coraggiosi nel tradurre la letteratura extraeuropea o della diaspora di qualità. Perché va benissimo leggere in traduzione autori che ci parlano della crisi delle famiglie americane, o dei malesseri degli intellettuali francesi. Ma siamo nel 2021, viviamo in un mondo iper globalizzato, viaggiamo tutti in continuazione, nelle nostre scuole studiano ragazzi le cui famiglie provengono da tutto il mondo, e una serie tv sudcoreana fa il boom di ascolti su Netflix: è il momento di osare un po’ di più e di promuovere gli autori arabi o africani di qualità allo stesso modo di quelli statunitensi ed europei di qualità. Perché lo sappiamo fino alla noia: non basta tradurre un autore e lasciarlo lì nel catalogo. Va aiutato a farsi strada tra i lettori. Altrimenti finisce come Gurnah, fuori catalogo e i cui diritti di traduzione probabilmente sono scaduti. E non voglio neanche lontanamente immaginare lo psicodramma che si sta scatenando tra le case editrici che vorrebbero ripubblicarlo.

5 commenti

  1. Ottimo post. Comunque non farci caso, ad ogni assegnazione del Nobel, quando il nome è un autore poco noto, c’è sempre una sollevata di scudi, o perlomeno, la solita divisione fra chi è contro o favorevole. Io per esempio essendo appassionato di musica, ho esultato quando è stato assegnato a Dylan e mi ha divertito la riluttanza di certi benpensanti, e devo essere sincero, quest’anno tifavo per la Atwood, forse perché essendo appassionato di fantascienza (intelligente), un Nobel assegnato a un genere così particolare (anche se lei ha scritto altro) sarebbe stato troppo di rottura. Ma il discorso è sempre il solito: a questo premio o ci si crede (e allora si accetta tutto, andandosi a documentare su ogni artista che l’ha ricevuto, come faccio io , per esempio), o si rifiuta e non si commenta nemmeno. Poi, per carità, la discussione ci deve essere, argomentando su tutto, anche sui perché di un eventuale contraddittorietà, ma sta di fatto che certi autori, grandissimi, e mi riferisco per esempio a Drek Walcott o Naguib Mahfuz (da te citato), non li conoscerebbe nessuno (o pochi), se non fossero stati insigniti del Nobel (meritato tra l’altro). Ora tocca a Abdulrazak Gurnah nella speranza che abbia ora la sua meritata divulgazione, specialmente da noi che viviamo ai confini dell’impero e sovraffollati della solita paccottiglia.

    • grazie del commento, che condivido. Questo post è nato dal fastidio o presunta superiorità intellettuale di alcuni commentatori e giornalisti quando hanno appreso la notizia che a vincere era uno su cui forse mai avrebbero scommesso e che al 98% non conoscevano. Ecco, apriamo occhi e orecchie perchè ci sono una marea di autori bravissimi che provengono dai quattro angoli del globo che non aspettano altro che di essere tradotti e letti.

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