Cherif Majdalani e Camille Ammoun, sul Libano

Sulla Rivista della Fondazione Oasis, l’arabista e traduttrice Elisabetta Bartuli ha recensito due interessanti libri degli scrittori libanesi Cherif Majdalani e Camille Ammoun da poco usciti in francese che danno conto degli enormi sconvolgimenti subiti dal Libano negli ultimi dodici mesi.

Proteste sociali, la caduta di più governi, una crisi economica inaudita e naturalmente l’esplosione del porto di Beirut del 4 agosto scorso. Proprio pochi giorni fa riflettevo sul fatto che dieci anni fa, quando si verificarono le rivoluzioni in Tunisia, Egitto e Libia, l’editoria italiana si era affrettata a tradurre decine di saggi, romanzi e instant book di scrittori, giornalisti e analisti politici sia italiani che stranieri. È invece calato il sipario sulle manifestazioni e le trasformazioni di Algeria, Libano e Iraq: eppure algerini, libanesi e iracheni continuano a manifestare da più di un anno (quasi due, nel caso dell’Algeria), nonostante la pandemia, la crisi economica e le restrizioni alla mobilità imposte dai loro governi. Sono paesi più lontani “emotivamente” dal nostro rispetto a Egitto, Libia e Tunisia, oppure c’è un effetto saturazione e scarso interesse nell’occuparmi in modo organico del mondo arabo?

Nel frattempo, leggetevi questo bel pezzo dal titolo “La collera e la speranza: cronache dal Libano”


“Per permettere che testi nati in un determinato contesto e in un determinato luogo diventino patrimonio condiviso con altri contesti e altri luoghi del mondo bisogna attendere un certo numero di anni, anni necessari ai tempi lunghi della scrittura creativa cui si aggiungono quelli quasi altrettanto lunghi dell’editoria. A volte, però, il processo subisce brusche accelerazioni. Accade, di solito, quando un romanziere, confrontato con l’urgenza di riflettere – e di far riflettere – sul suo presente più attuale, sceglie di accantonare la forma e il linguaggio della narrativa di finzione per privilegiare generi ibridi che, sconfinando dalla letteratura tout court, spesso intersecano altre discipline e diventano, grazie alla loro natura trasversale, fruibili – e vendibili – a un pubblico più vasto. Oggi accade, per esempio, in Libano, Paese che, nel corso dell’ultimo anno, è stato travolto da un ininterrotto susseguirsi di avvenimenti destinati a segnare indelebilmente il destino della totalità della popolazione (dalle manifestazioni di piazza iniziate nell’ottobre 2019 contro la corruzione e il malgoverno dell’élite al potere fino all’esplosione, il 4 agosto, delle due tonnellate di nitrato di ammonio stoccate nel porto di Beirut, passando per la crisi sanitaria dovuta al dilagare del coronavirus e la bancarotta dello Stato dichiarata nel marzo di questo 2020, con la sua inevitabile ricaduta in termini di inflazione galoppante e di mostruosa svalutazione della moneta nazionale).

Ed è così che, nella prima settimana di ottobre, sono usciti – contemporaneamente in Francia e in Libano – due testi in originale francese, entrambi scritti da romanzieri di successo ma redatti in prima persona nella forma di un diario personale.

Il primo è Beyrouth 2020. Journal d’un effondrement[1] (“Beirut 2020. Diario di un collasso”) di Charif Majdalani, un libro che, nel giro di poco più di un mese, ha ricevuto la menzione speciale della giuria del prestigioso premio Femina”.

Continua sul sito della Fondazione Oasis!

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