Arriva “Bozza”, di Rosa Yassin Hassan: un romanzo dedicato ai giovani siriani

copertina in araboIn questi giorni, tra lavori, esami, partenze future (di cui a breve vi dirò) e primavere romane non riesco a trovare molto spazio da dedicare al blog, purtroppo.

Oggi però ho voluto trovare lo stesso il tempo di segnalarvi la prossima uscita, nelle librerie italiane, di un libro che arriva dalla Siria. Sto parlando di Bozza (بروفة), di Rosa Yassin Hassan, pubblicato in Libano nel 2011 e che, tradotto da Fatima Sai per la casa editrice Il Sirente, nella bella e ricca collana altriarabi, uscirà da noi nella seconda metà di aprile.

Quindi ritorna la narrativa dalla Siria tradotta in italiano, e di questo sono molto contenta (oh, come sarei ancora più contenta se si riuscisse a far venire in Italia anche l’autrice del libro!).

Rosa Yassin Hassan è una delle giovani rappresentanti della narrativa araba contemporanea, che nella sua (finora) breve carriera da scrittrice si è già dovuta imbattere nella censura del regime siriano, ecco anche il perchè molti dei suoi libri sono stati pubblicati da editori non siriani. Un escamotage utilizzato, tra l’altro, numerosissime volte dagli stessi editori siriani, soffocati da una censura sempre all’erta, “costretti” a stampare a Beirut presso le loro filiali in città o appoggiandosi a tipografie locali.

Rosa Yassin Hassan nasce a Damasco nel 1974, si laurea in architettura nel 1998, e diventa subito dopo giornalista culturale per alcuni giornali siriani e panarabi. Comincia la sua carriera da scrittrice già nel 1992. Per due volte consecutive è vincitrice, grazie ai suoi racconti brevi, di un concorso letterario indetto dall’Università. Nel 2000 pubblica la sua prima raccolta di racconti: Un cielo imbrattato di luce (سماء ملوثة بالضوء); nel 2004 il suo romanzo Ebano (أبنوس ) vince il premio Hanna Mina per il romanzo e nel 2009 viene tradotto in tedesco. Nel 2008 esce al Cairo il suo secondo romanzo, Negativo (نيجاتيف),  che racconta le storie delle prigioniere politiche in Siria, mentre l’anno seguente pubblica a Beirut I guardiani dell’aria (حراس الهواء), semi-finalista al premio per la narrativa araba (recensito da Sirialibano).

Hassan©Alawi_Verlag_bigsizeSempre nel 2009, la scrittrice entra a far parte del già citato progetto letterario Beirut 39, insieme ad altri 38 autori arabi sotto i 40 anni (tra cui cito: Abdellah Taia, Joumana Haddad, Mansoura Ez Eldin, Mohammad Hassan Alwan, Rabee Jaber, Youssef Rakha).

Questa è la trama di Bozza, che ho trovato sul sito della casa editrice:

Nella Siria di Bashar al-Assad il protagonista, di cui non si svela mai il nome né l’aspetto, è un giovane militare addetto alla sicurezza. Il suo lavoro consiste nell’ascoltare e trascrivere le intercettazioni telefoniche dell’onnipresente e pervasivo sistema di servizi segreti, che il protagonista cerca di riadattare per le sue segrete ambizioni letterarie: la “bozza” che dà il titolo al libro, una sorta di pièce teatrale che riadatta di giorno in giorno, come se fosse una continua prova.
Narratore onnisciente, l’agente segreto di Rosa Yassin Hassan, non si limita a stare a guardare: è un narratore che si sporca le mani. Con il sangue dei suoi personaggi.
Rosa Yassin Hassan dedica il suo romanzo a tutti i giovani siriani: “Questo romanzo è nato dalle vostre sconfitte e dalle vostre delusioni”.

Del libro aveva parlato Elena Chiti su Sirialibano lo scorso anno, in questo bell’articolo dal titolo “Siria, il narratore onnisciente di Rosa Yassin Hassan”.

Rosa Yassin Hassan non è però solo giornalista e scrittrice, ma è anche un’attivista e negli ultimi anni è spesso intervenuta sulla stampa criticando anche gli intellettuali del suo Paese.

La rivoluzione siriana è diventata un’orfanaQantara.de (2013)

Pubblico all’estero per aggirare la censuraNew York Times (2010)

Produzione culturale e rivoluzione sirianaJadaliyya (2011)

Rivoluzione siriana, dove sono gli intellettuali?Sirialibano (2012)

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Aggiornamento del 3 dicembre 2013: dalla casa editrice mi comunicano che, per ragioni non dipendenti dalla loro volontà, il libro non sarà più pubblicato.

21 commenti

  1. Sul fatto che la collana “Altriarabi” sia bella e ricca mi permetto di dubitare. Non sempre le traduzioni pubblicate sono decorose, anzi. Qualcosa di buono poi è uscito, ma mi pare che con “Altriarabi” si ripeta tutta una serie di errori già fatti in passato: sulle traduzioni soprattutto. Mi auguro che su “Bozza” sia stata fatta almeno una revisione, che sia l’arabo particolarmente fiorito della Hassan sia stato reso al meglio in italiano. Di leggere cose tradotte male dall’arabo proprio non se ne può più, non ce lo meritiamo noi come lettori, non lo meritano gli autori. Spero anche che queste mie critiche non vengano prese come un tentativo polemico, io mi auguro che gli editori del Sirente mi leggano e possano fare una riflessione sui punti che sollevo.

    • Va dato atto al Sirente, che non è certo una “major” – passatemi il paragone cinematografico – di aver portato avanti negli anni un progetto editoriale coraggioso e innovativo, senza il quale non avremmo forse conosciuto intellettuali e artisti come Khaled al-Khamissi, Magdy El-Shafee o Hassan Blasim. E lo ha fatto senza vezzi orientalistici, vedi le copertine e i titoli dei testi che in traduzione non sono stati stravolti. Si può migliorare? Certo, si deve, sempre. Quindi, per quanto riguarda il tuo augurio, come blogger non posso che trasmettere il tuo messaggio ai responsabili della collana, e spero che ne venga fuori un dialogo e una riflessione costruttivi. In fin dei conti, il nostro obiettivo è lo stesso: far conoscere e apprezzare gli scrittori arabi al pubblico italiano, non solo quello specialista, ma anche e soprattutto quello “medio”.

  2. Non essere una major giustifica la mancanza di rigore per le traduzioni? Secondo me no, anzi, allora abbiamo un orientalismo di ritorno se si pensa che per far contenti gli autori arabi e il pubblico dei loro lettori basti pubblicare. Come poi possa succedere che una traduzione che non si riesce a leggere riesca a catturare il pubblico me lo si deve ancora spiegare. Questo mi pare accada indipendentemente dalla “grandezza” dell’editore. Brutte traduzioni dall’arabo le abbiamo viste anche da Mondadori, Piemme ecc… e per me è ben più grave del lavoro fatto su titoli e copertine. Una brutta traduzione è un danno che pesa sul libro a lungo termine.

    • Non ho mai detto nè pensato che il non essere una major giustifica il portare avanti un lavoro scadente. Mi hai capita male: intendevo che apprezzo il fatto che pur non essendo una grande casa editrice, i responsabili abbiano deciso di investire in una collana dedicata agli autori arabi contemporanei in traduzione, pur sapendo che questo mercato è piuttosto particolare e non troppo redditizio.

      • pardon, scusa se ho frainteso! comunque sono pure d’accordo con l’apprezzare il progetto del sirente, ma trovo che tutto questo investire sugli autori arabi vada perso se poi non si traducono come si deve. non tutti ovviamente, ci sono dei titoli secondo me ben tradotti (blasim e musallam), ma altri quasi non si potevano leggere… delle occasioni perse, spero adesso che la hassan non sia tra queste.

  3. #Giacomo: come sei severo nei tuoi giudizi sulle traduzioni, mi piacerebbe sapere chi sei e quali sono le tue competenze a proposito, che ti permettono di lanciare giudizi così sferzanti.Perché non ci lasci una lista delle tue traduzioni, così potremo sapere da quale pulpito viene la predica.. Preciso che non ho mai tradotto niente per Sirente.

    • Gentile Massimo, commenti, critiche e osservazioni sono sempre ben accetti..quando sono costruttivi, cerchiamo quindi di non alzare i toni.
      Grazie, C.C.

    • Non mi risulta che per dire che una macchina non funziona si debba essere un meccanico. O che per dire che un attore recita male si debba essere un attore. Per accorgersi che una traduzione letteraria non funziona è sufficiente essere un buon lettore. O no?

      • Sono molto contenta che ci sia la casa editrice Il Sirente in Italia, ma purtroppo sembra che non abbiano un lettore di bozze o qualcuno che legge i libri dopo che sono stati tradotti. Quando si lavora a lungo su un testo puó capitare di perdere di vista lo scorrimento del testo e in questo caso i cosidetti lettori di bozze sono preziosi.
        Essendo il Sirente una piccola casa editrice, posso immaginare che questa mancanza sia dovuta a carenza di risorse economiche. Speriamo che la situazione migliori in futuro.

  4. @Massimo: Celine in parte ti ha già risposto. Quando leggo un libro tradotto cerco di fare attenzione intanto al testo italiano. Lasciando da parte l’originale possiamo secondo me farci già le principali domande per giudicare una traduzione: il testo è scorrevole? la lingua è coerente o ci sono sbalzi di registro? che scelte vengono fatte sul lessico, lo si arcaicizza, esotizza, o il contrario? ecc… Il fatto che io conosca e legga regolarmente l’arabo è abbastanza accessorio, forse mi aiuta ad andare più nello specifico, se voglio informarmi sull’aderenza al testo originale ad esempio, ma la sostanza non cambia. Le domande che mi faccio sono le stesse di quando leggo un testo tradotto dal cinese. Per esempio, ho appena finito di leggere Brothers di Yu Hua. A me la traduzione è piaciuta, non posso verificare quanto sia vicina all’originale, ma il ritmo ha tenuto per tutta la lettura, lo humor grottesco è stato reso, l’italiano era vivace, non aulico ma neanche banale, insomma leggere è stato un piacere e non una fatica! Dici che avrei dovuto essere un affermato traduttore dal cinese per capirlo?

    • si, certo, naturalmente avete ragione, non bisogna essere degli specialisti per apprezzare una buona traduzione. Mi sembrava solo che le critiche di Giacomo fossero eccessivamente dure, e fin troppo generiche, non circostanziate né motivate. Invece di dire che ‘di leggere cose tradotte male dall’arabo non se ne può più ‘ sarebbe interessante spiegare perché si ritiene una traduzione mal fatta, fornire esempi. Così si che la critica sarebbe costruttiva (come giustamente chiede Ch.).

      • @massimo, qui di seguito qualche esempio preso a caso da traduzioni pubblicate. Non so a chi pensasse Giacomo, per me le brutte traduzioni dall’arabo sono quelle che contengono frasi come queste.
        “Le sue parole arrabbiate riempivano il luogo mentre spiegava la situazione e con le mani indicava l’estensione in direzione dei soldati e dei loro ufficiali”
        “Quando si affacciò a spiare dentro la camera una grande testa grassa che ci intravide appena, capii il mistero della paura”
        “…sento voci strane e cantilenate che si mescolano ad abbracci, baci, saluti, movimento e staticità”
        “La donna assotigliò l’udito, i suoni arrivavano attraverso distanze che richiedevano tempi lunghi. Era stata una destrezza, quella con cui era riuscita ad andarsene”
        “allungò la mano verso la confezione di calmanti nascosta dietro la cerniera della tasca”
        “…Intanto il calore nella sua testa aumentò e il dolore alla nuca era simile a un martello che batteva. Strinse più forte il velo e lo legò intorno alla fronte. Non sapeva da quale foro della sua testa fosse emersa l’idea della scrittura”
        “Li ho portati con me alla pensione dopo essermene liberato di parecchi”
        “Le due palme avevano le ombre rovesciate sulla sabbia dietro di loro”

  5. Cara Celine, quando si cita sarebbe utile aggiungere la fonte: titolo dei libri, casa editrice, anno di traduzione, traduttori, lingua originale. Altrimenti le citazioni messe così risultano un pò fuori contesto e non ci permettono di capire a chi ti riferisci

    • Non mi sembra gentile nei riguardi dei traduttori e non credo sia necessario sapere molto di più. Ti mando i dati che chiedi per mail, poi deciderai tu se prenderti la responsabilità di renderli pubblici. Massimo chiedeva esempi concreti e questi sono esempi concreti.

  6. Si potrebbe aprire una specie di bacheca delle “citazioni anonime”, dove segnalare le brutte frasi tradotte dall’arabo che proprio non ci vanno giù senza però segnalare i traduttori, si dice il peccato ma non il peccatore… e mi pare anche giusto, fare la critica alle traduzioni non deve diventare un processo alle persone che traducono.

    Io ne cito giusto qualcuna delle ultime che ho letto:
    “Mi preparo una tazzina di caffé nero dolce e accolgo il sole che torna dal suo viaggio quotidiano rosso e maturo come un fico nel frutteto del mio defunto padre. Sorseggio e fantasticavo in silenzio e non lo importuno.”
    “Il quinto lavora alla banca del villaggio” (una banca in un “villaggio”??)
    “Attraverso il vetro del finestrino, nel movimento del taxi verso nord, il mare si estende perdendo pian piano il suo azzurro, mentre il buoi si diffonde lentamente”

    • Ripeto, a me pare un discorso un pò sterile e che non permette di approfondire il “problema” delle cattive traduzioni, ma è un parere personale. E comunque c’è sempre il modo di fare della critica onesta e costruttiva senza per forza trascendere nel fare il processo ai traduttori, che non è certo nell’animo di nessuno di noi.

      Giusto per dovere di cronaca, informo che Celine mi ha inviato i titoli dei libri da cui aveva tratto le citazioni del suo commento, ma va da sè che se lei non vuole pubblicare le “fonti” non lo farò certo io.

      • Stavo pensando che forse da tutta questa bella discussione potrebbe venirne fuori qualcosa di concreto. Tipo una proposta da presentare agli editori italiani che pubblicano autori arabi, una sorta di decalogo o un manifesto. Devo rifletterci un pò su. Se qualcuno ha delle idee si faccia avanti ;)

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