
La vicenda del poeta del Qatar incarcerato a vita per i versi di una poesia inneggiante alla rivoluzione tunisina e alla protesta contro i regimi arabi ha fatto il giro del mondo, rimbalzando sui social network e sui siti Internet che fanno informazione ai quattro angoli del globo.
Con un’eccezione significativa: al-Jazeera, il canale tv satellitare (nato su iniziativa personale dell’emiro del Qatar!) più famoso del mondo arabo che non ha riportato la notizia né in inglese né in arabo. A dispetto della sua pretesa indipendenza e terzietà. E da qualche giorno tutto il mondo si chiede: al-Jazeera, che fine hai fatto?
Ce lo siamo chiesti anche su editoriaraba, e abbiamo fatto anche di più: in coda all’articolo trovate la traduzione in italiano dell’intero poema incriminato. Come sempre, buona lettura! [Ch. Com.]
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di Rabii El Gamrani
Indovina indovinello: cosa hanno in comune questi personaggi: Vladimir Majakovskij, Silvio Pellico, Nazim Hikmat, Lazer Radhi, Mahmud Darwish e Mohamed Ibn Al Dahami Al Ajami?
Immagino che per voi alcuni nomi siano più noti di altri, ma se fate due più due ci arrivate. Ed è esattamente quello che state pensando: sono tutti dei poeti, già!
Ma manca un dettaglia che vi aggiungo io. Sono dei poeti che sono stati in carcere a causa delle loro poesie.
Risolto l’arcano? No.
Uno di questi poeti sta ancora in carcere e ne avrà per tutta la vita.
Lo scorso 29 novembre, il tribunale penale di prima istanza di Doha, nel Qatar, ha condannato il poeta Mohamed Ibn Dahami Al Ajami all’ergastolo, laddove l’ergastolo significa il carcere a vita.
La vicenda risale ad un anno fa, per l’esattezza al 16 novembre dello scorso anno: il poeta Al Ajami, molto popolare nel Qatar e in tutta l’area del Golfo per i suoi componimenti dialettali dai tuoni rivoluzionari, fu trascinato in carcere per via di una poesia. Anzi, voglio essere pignolo come quelli che l’hanno condannato: Al Ajami è stato condannato non per tutta la poesia, ma per quattro versi del suo poema.
Ma andiamo in ordine.
Al Ajami, in un impeto di entusiasmo dopo la rivoluzione tunisina, pensando di trovare un terreno fertile vista la copertura mediateca positiva che Al Jazeera ha riservato ai motti rivoluzionari del paese magrebino, ha inneggiato alla caduto di Ben Ali usando parole forti nei confronti di tutti gli altri regimi dittatoriali ancora in piedi.
Chiariamo che si tratta di improvvisazioni poetiche dialettali e orali, nessuna scrittura o stampa è stata fatta della poesia, e l’unico canale di veicolazione della voce di Al Ajami mentre declama il suo poema è stato Youtube.
Il poema è stato ripreso da un social network all’altro fino a diventare una specie di grido alla rivolta nel “ridente” Qatar. E le reazioni delle autorità non si sono fatte attendere. Nel preciso momento in cui il Qatar e il suo “braccio armato” Al Jazeera, facevano la voce grossa contro Ben Ali, Mubarak, Gheddafi e Al Assad, aprendo gli studi televisivi della potente e diffusissima emittente a oppositori e dissidenti, un poeta di 36 anni veniva trascinato in carcere per un poema.
Dopo un anno di detenzione in isolamento assoluto, ieri è arrivata la sentenza: carcere a vita per aver incitato alla sovversione, offeso l’emiro e la sua famiglia. Al Jazeera con il suo motto “L’opinione e l’opinione contraria” non ha ritenuto necessario scrivere neanche una riga su Al Ajami.
Il Qatar d’altronde non è nuovo a queste paranoie securitarie: ad aprile scorso i rumors su un colpo di stato hanno fatto il giro del mondo e gli arresti non si sono fatti attendere. La stessa storia e la stessa prassi sono successe 2 anni fa, un mezz’annuncio di un tentativo di golpe sventrato, seguito da arresti sommari senza processo nè capi d’imputazione.
Le ambiguità del regime qatarino sono tantissime, ma mai si poteva pensare di arrivare a considerare un poeta e il suo poema una minaccia ad un regno che si barrica dietro la più grande base militare americana nel Medioriente, il più potente network televisivo nella zona e un mare di petrolio e di dollari.
Per ora le reazioni internazionali alla condanna di Al Ajami sono confuse: il sito di Amnesty International riporta la notizia e chiede la mobilitazione a favore del detenuto, ma l’impressione è che si sia svegliato all’improvviso da un profondo sonno durante il quale si è consumata una tragedia a cui ora tenta di reagire confusamente.
Tuttavia la più clamorosa e “divertente” delle iniziative è quella organizzata da un gruppo di poeti del Golfo che chiedono il rilascio del loro collega con una modalità piuttosto originale: ognuno ha composto una poesia d’elogio all’emiro del Qatar per ricordargli il valore del perdono, chiedendo a sua maestà di mostrarsi clemente nei confronti dell’umile suddito poeta.
Erano bei tempi quelli del Califfo Abbaside Harun Al Rashid*!
*Quinto Califfo della dinastia abbaside, regnò fra il 786 e il 809. La sua vita e la favolosa corte in cui dimorava sono state soggetto di molte storie e poemi fra cui Le mille e una notte, dove è fin troppo generosamente ricordato come il prototipo del governante buono e giusto.
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Siamo tutti tunisini*
Signor primo ministro Mohamed al-Ghannoushi
il tuo potere non è costituzionale
noi non rimpiangiamo Ben Ali nè la sua era
per noi ormai è storia passata
quella della dittatura di un regime dispotico ed oppressivo
contro cui il popolo tunisino ha levato la propria voce rivoluzionaria
noi critichiamo solo l’infamia e l’ignominia
e se lodiamo qualcuno è solo per convinzione personale
O rivoluzionario, inneggia alla lotta con il sangue del popolo
scolpisci nell’animo dei liberi il valore della rivolta
e dì a coloro che reggono il loro sudario
che ogni vittoria porta con sé un momento di calvario
Ah, quando toccherà a quel paese il cui stolto sovrano
crede di potersi affidare all’esercito americano
ah, quando toccherà a quel paese il cui popolo vuota ha la pancia
mentre il suo governo decanta decanta le lodi di uno sviluppo della finanza
ah, quando toccherà a quel paese di cui sei cittadino di notte
e al mattino dopo ti risvegli apolide
ah, quando toccherà a quel regime repressivo ed ereditario
fin quando rimarrete schiavi dell’egoismo
fin quando il popolo rimarrà ignaro del suo valore
e non sceglierà esso stesso il suo governatore.
Basta con i regimi tiranni!
Dì a colui chi affligge il suo popolo
che domani un altro prenderà il suo posto,
che non creda che la patria appartenga a lui o alla sua progenie:
ché la patria è del popolo e sue sono le glorie.
Intonate con un’unica voce per un unico destino:
siamo tutti tunisini dinanzi alla repressione,
i governi e i governanti arabi
sono tutti – senza alcuna eccezione
una banda di ladri.
E c’è una domanda che ossessiona le menti di chiunque se lo chieda
ma che non troverà risposta dalle fonti ufficiali:
se dall’Occidente si importa di tutto,
perché allora non si importano anche la libertà ed il diritto?
Traduzione dall’arabo di Rabii El Gamrani e Chiara Comito
* Il testo originale ed il titolo sono stati ripresi da Youtube a questo link dove si può ascoltare l’audio del poema.
Salve, l’organizzazione 100 Thousand poets for change sta scrivendo una petizione da far circolare a livello internazionale che chiede il rilascio del poeta e denuncia questo atto di aggressione verso la libertà di parola e la poesia come veicolo per esprimere il desiderio di giustizia e libertà. Sarà pronta nei prossimi giorni e se vi interessa ve la faremo avere
Grazie Pina, molto volentieri. Può inviarla qui: editoriaraba@gmail.com
Non ho capito il riferimento al profondo sonno di Amnesty International. Questo è un caso che seguiamo da quando ci sono le informazioni su di lui, ne ho scritto io un mese fa sul blog di AI del Fatto quotidiano (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11/05/scrivere-poesie-in-qatar-unarte-pericolosa/402465/). Saluti. Riccardo Noury
Caro Riccardo,
Premetto che non ho letto il suo articolo prima di scrivere il mio, perciò faccio mea culpa, Ho cercato di documentarmi sul caso Al Ajami per quanto mi è stato possibile, tenendo in conto anche dell’urgenza di denunciare una sentenza di tale gravità, e nel documentarmi purtroppo non ho trovato tracce dell’articolo che ci ha allegato. Quanto al riferimento al sonno di Amnesty, questa è l’impressione che mi ha lasciato la lettura del comunicato diramato dall’organizzazione. Voglio dirle che io so perfettamente il ruolo che lei svolge all’interno dell’organizzazione e ho avuto anche modo di scambiare con lei quattro chiacchiere durante Terra Futura a Firenze qualche anno fa. Ho frequentato in alcune occasioni la sessione di Amnesty di Siena senza tuttavia farne parte formalmente perciò la mia critica è quella di uno che si aspetta il meglio di chi ha scelto per sé il ruolo, nobile, di garantire alle persone la possibilità di beneficiare di tutti i loro diritti, e rispetto ad altri casi, anche di minore gravità, mi è sembrato che il comunicato di Amnesty sia un tantino sotto tono. Saluti a lei
[…] Per leggere la traduzione in italiano della poesia “incriminata” potete seguire questo link. […]