Nabateo lo Scriba: recensione (tardiva) di una lettrice

Comprando Nabateo lo Scriba (Neri Pozza, 2011) sono stata doppiamente confusa: dal suo autore, Youssef Ziedan, il quale mi ha fatto credere che questi fosse l’appellativo del protagonista del romanzo. Dall’editore, che in copertina accanto al titolo ha aggiunto la nota, molto appealing, direbbero gli inglesi, quella che deve catturare l’occhio distratto del potenziale acquirente, ma che è sempre fuorviante: Una storia d’amore e d’avventura.

Ebbene, non fatevi ingannare: Nabateo lo Scriba non è una storia d’amore. Se d’amore si parla, questo viene in secondo piano. Nabateo lo Scriba è un possente (più di 300 pagine) romanzo storico innazitutto, e poi di avventura: l’avventura di Marya, una giovane egiziana copta, nata nel VII secolo d.C. in un minuscolo borgo a oriente del Delta del Nilo, la quale a 18 anni viene data in sposa ad un mercante proveniente dall’Arabia. Marya è un’anima semplice: una giovane donna, bella e curiosa per natura, ma che non ha potuto studiare se non quel poco che il prete della sua Chiesa le ha insegnato. È una ragazza con i sogni e le speranze di qualsiasi giovane donna della sua età: sposarsi, avere dei figli e poterli crescere accanto al marito. Ma soprattutto, Marya è la giovane testimone di una delle pagine più importanti nella storia dell’umanità: la nascita e la diffusione dell’Islam in una regione, quella mediorientale, che nel VII secolo si trova razziata e tormentata dalle lotte tra Romani, Persiani e Bizantini, a cui le popolazioni locali assistono inermi.

Il romanzo si snoda in tre parti, ovvero le tre vite di Marya: nella prima, veniamo a conoscere la vita semplice della protagonista e degli abitanti del borgo, prima delle nozze con il Nabateo Salama, un uomo cortese e di poche parole ma strabico e poco attraente. I Nabatei erano un popolo arabo antichissimo (Petra in Giordania era la loro capitale) che, nei secoli precedenti era stato in grado di costruire un grande impero. Ottimi commercianti, con le loro carovane percorrevano le rotte commerciali più importanti, dall’Egitto allo Yemen, dalla Siria alla penisola arabica. Con il sopraggiungere del Profeta dell’Islam, molti di loro si convertirono alla nuova religione e, grazie alla loro approfondita conoscenza della regione, svolsero il ruolo di “apripista” per portare il messaggio dell’Islam agli altri popoli.

Nella seconda vita di Marya, Ziedan ci porta per mano nel deserto, dove, tra colline desertiche dal colore rossastro, antichi monasteri ed incontri con i grandi condottieri arabi, seguiamo il lunghissimo viaggio di Marya per arrivare nella terre del marito, la cui famiglia vive in una tribù accampata in uno spiazzo desertico e polveroso. La terra della terza vita di Marya. La famiglia del marito di Marya, subito ribattezzata Mawiya dalla suocera, è un vero mosaico di religioni: Salama, è un cristiano, la suocera è pagana, il fratello maggiore è detto il Giudìo perchè convertitosi tardivamente all’ebraismo ed infine il fratello minore, Nabateo lo Scriba crede nel culto di El e Allat. Egli è un uomo colto, gentile e riflessivo che si sente un profeta, e passa le giornate, quando non in viaggio, ad illuminare le menti dei giovani della tribù con ardite discussioni su religione, filosofia e metemspicosi. Per la giovane ed inesperta Marya, questo cognato, giovane e sensibile, è una scoperta continua, un uomo in grado di spiegarle i misteri dell’universo e di trasportarla con il pensiero, lontano dalla sua condizione di “straniera” nella tribù, per di più incapace (sebbene non per sue colpe) di assicurare una discendenza al marito.

Dal punto di vista narrativo, se vogliamo, il romanzo non decolla mai. Non c’è un punto di svolta, un meccanismo nell’intreccio, dopo il quale la storia cambia: la psicologia dei personaggi sembra quasi abbozzata, protagonista compresa. Tuttavia, la disperata solitudine di Marya, aggravata dalle numerose perdite affettive che la colpiscono in pochi anni e dalle difficoltà della nuova vita, è l’aspetto del suo carattere che me l’ha fatta sentire emotivamente più vicina e più umana.

Nonostante tutto, è difficile non seguire le parole scritte da Youssef Ziedan: mentre leggevo il libro, continuavano a rotolarmi davanti agli occhi senza che potessi fermarle ed ognuna trascinava la seguente come in un vortice senza fine. Per quanto dunque non possa affermare che Nabateo lo Scriba mi abbia affascinato più di Azazel, non posso non apprezzare l’incredibile capacità di Ziedan di sedurre e affabulare il lettore con la sua prosa trascinante. Nonostante qualche pecche nel romanzo, non posso rimproverare al suo autore nulla: Ziedan sa raccontare e condurre il lettore, come questi fosse un viaggiatore a dorso di un cammello nel deserto, e le sue parole, i granelli di sabbia.

Nabateo lo Scriba è stato pubblicato nel 2009 dalla casa editrice egiziana Dar El Shorouk. In Italia è uscito nel 2011 per Neri Pozza, tradotto da Daniele Mascitelli, già co-traduttore con Lorenzo Declich di Azazel.

Nabateo lo Scriba ha fatto parte della rosa dei 12 libri finalisti all’Arabic Booker di quest’anno.

Un commento

  1. As a former 12 year Bayou & CeolorDalr employee, it will be amazing to see the Bayou again. Was there when they filmed a scene in the Eddie Murphy movie Boomerang. Only time I`ve seen it on film.

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