Pubblicato su http://www.arabismo.it il 1 marzo 2012
Mia traduzione di un articolo di Ali Znaidi, pubblicato su Jadaliyya il 23 febbraio 2012
Discutere il ruolo che gli intellettuali arabi, e il romanzo in particolare, hanno avuto nelle recenti rivolte e quello che avranno in futuro, è stato l’obiettivo della Conferenza internazionale “La primavera araba attraverso lo sguardo degli scrittori arabi” tenutasi lo scorso gennaio a Tunisi, presso l’Ibn Rashid Culture House.
Durante il dibattito, cui hanno partecipato intellettuali del calibro di: Wasini al-A’raj (Algeria), Ibrahim Abdelmajid (Egitto), Mohamed Lasfar (Libia), Francesco Leggio (Italia), Kamel Riahi, Samir Sassi e Kamel Zoghbani (Tunisia), si sono succedute le analisi sulla letteratura durante gli anni dei regimi arabi, le rivolte della primavera araba e la situazione attuale.
Ad inaugurare la Conferenza è stato il Ministro tunisino della Cultura, Mehdi Mabrouk, che nel suo discorso introduttivo ha sottolineato l’importanza della primavera araba, che è stata la dimostrazione che è possibile vivere senza dittatori e che ha permesso la nascita di nuove prospettive per la narrativa.
Per Wasini al-A’raj, romanziere e professore universitario algerino, la rivoluzione tunisina ha spianato la strada per le altre rivoluzioni e ha offerto alla letteratura l’opportunità di “esprimere se stessa”. Al-A’raj ha poi incoraggiato gli scrittori ad esprimere ciò che gli altri non dicono e a ribellarsi di fronte a situazioni eccezionali.
Il romanzo Bourj Roumi di Samir Sassi, giornalista tunisino, pubblicato nel 2003 e scritto mentre l’autore si trovava in carcere e che racconta la disperazione e le torture subite da Sassi, è diventato un bestseller dopo la rivoluzione tunisina. Secondo il tunisino Kamel Riahi, autore di al-Mishrat (Il bisturi) e di al- Ghurila (Il gorilla), compito e responsabilità degli scrittori, e degli uomini in generale, è sfidare lo status quo. L’artista e lo scrittore che non assolvano a questo compito non sono veri artisti e l’arte, ogni volta che viene a patti con il sistema, è destinata a perdere ogni suo senso. I romanzi del libico Mohammed al-Asfar sono stati censurati dal regime di Gheddafi proprio perché denunciavano la dittatura e le ingiustizie del regime. Per al-Asfar il compito dell’artista oggi è quello di diffondere i valori di dignità e libertà. Infine Francesco Leggio, noto arabista italiano nonché traduttore di fama (sua è la traduzione dell’opera di Tayeb Salih La stagione della migrazione a Nord, e del romanzo di Ahlam Mosteghanemi La memoria del corpo), ha discusso invece delle rivoluzioni arabe viste dagli Altri. Poco convinto dell’efficacia del tema del Congresso, Leggio ha sostenuto infatti che la letteratura ha bisogno di tempo per reagire agli eventi storici ancora in corso. Ha poi aggiunto che i regimi arabi temono la letteratura e gli scrittori indipendenti perché sono pericolosi e rappresentano un monito ai loro lettori per ricordare loro che un mondo migliore è possibile.
Tutti i romanzi scritti prima della rivoluzione hanno affrontato temi sociali come la povertà, la disperazione, l’oppressione politica, l’uso distorto della religione. Temi che ribollivano da tempo in una società civile sempre più consapevole e che stava solo aspettando il momento giusto per esplodere. Alcuni dei romanzi pre-rivoluzione sono stati profetici, ma non è questo l’unico motivo per cui il ruolo degli intellettuali arabi non dovrebbe essere sminuito di fronte agli avvenimenti sociali e politici che invece hanno visto come protagonista la gente comune. I romanzi arabi, spesso poco considerati all’interno di società irreggimentate, hanno infatti contribuito a creare quel particolare momento politico che ha portato alla rivoluzione, attraverso quella che si potrebbe chiamare la “formazione di una coscienza rivoluzionaria”. Basti pensare a tutti quegli intellettuali che negli anni scorsi, grazie all’uso sapiente dei nuovi media, sono riusciti a veicolare il loro messaggio nonostante i regimi.
Ma la strada da percorrere è ancora lunga: narrare le rivoluzioni significa intraprendere un viaggio periglioso che comporta l’ampliamento dei propri orizzonti, anche mentali. Affinché la rivoluzione acquisisca lo status di autenticità e porti ad un vero cambiamento democratico, gli intellettuali devono essere in grado di dimostrare che essa poggia su basi solide che incoraggiano anche una creatività e una cultura libere, in grado di spronare i popoli arabi a recuperare la propria dimensione umana.
Il ruolo degli intellettuali arabi dovrebbe essere quello di mostrare che la rivoluzione non significa vantarsi di aver rovesciato i dittatori ma è piuttosto un processo lungo e doloroso che richiede un lavoro costante. Se così sarà, la rivoluzione rappresenterà un’importante risorsa per la creazione di nuove forme artistiche e letterarie.
[…] anno. Qui vorrei dar conto solo di una critica piuttosto accesa, quella dello scrittore tunisino Kamel Riahi che nel suo blog accusa di essere uno scrittore opportunista e di ignorare gli eventi di cui […]
[…] Alzi la mano chi sa elencare almeno 5 autori libici. Ci siete riusciti? Mabrouk a voi, perchè io non saprei che menzionarne un paio o poco più: lo scrittore Hisham Matar, residente a Londra e tradotto in italiano per Einaudi (Anatomia di una scomparsa, 2011; Nessuno al mondo, 2008); il poeta Khaled Mattawa, che vive negli Stati Uniti ed è anche un traduttore letterario molto rinomato e Mohammed al-Asfar, di cui ho parlato qui. […]